Nel settembre del 1853 Johannes Brahms si recò per la prima volta a far visita agli Schumann. Così racconta Maria, una figlia di Schumann, nel suo diario: “Un giorno, verso mezzogiorno, squillò il campanello, io ero bambina e corsi verso la porta. Un uomo giovane dai lunghi capelli biondi, bellissimo, mi stava dinanzi. Chiese di mio padre, che non era in casa, e mi domandò quando lo avrebbe potuto incontrare. Gli risposi di tornare l’indomani e così accadde. Il giorno seguente ritornò con le sue composizioni e mio padre gli chiese di eseguirle. Poi chiamò anche mia madre, e a pranzo non dimenticherò mai il volto dei miei genitori: entrambi rapiti, commossi, non facevano altro che parlare del geniale visitatore della mattina: Johannes Brahms”.
Una giovane allieva di Schumann, Luisa Japha, aveva mandato da Amburgo questo giovane talento di vent’anni e immediatamente Schumann, grande scopritore di geni musicali, lo apprezzò, lo annunciò al mondo e lo introdusse nell’ambiente musicale tessendone le lodi. Disse ai Brahms: “Ecco quello che doveva venire”; l’otto ottobre 1853 scrisse all’editore Hartel: “Stiamo vivendo davvero una grande epoca della musica. Un giovane è apparso con la sua meravigliosa musica, ci ha stretto nella nostra profondità più intima e, ne sono convinto, susciterà il movimento più possente del mondo musicale”. Da questo momento in poi, Brahms, appoggiato e valorizzato dagli Schumann e da Joseph Joachim, un grande violinista ungherese dell’epoca, che sino ad allora si era dedicato prevalentemente a pezzi di dimensioni ridotte senza cimentarsi con composizioni di maggiore impegno, intensificò la sua attività creatrice.