Johannes Brahms – Trio Op.101 in Do minore

Il Trio per garantire l’essenziale

trio

“L’artista dovrebbe solo garantire l’essenziale ed eliminare tutto il resto; in questo modo egli trasforma il reale in ideale” (Vischer, Goethes Faust).

Questa frase, sottolineata dalla mano di Brahms su di un libro della sua enorme biblioteca, descrive perfettamente il senso estetico di quest’opera, il Trio Op.101, e di molte altre che caratterizzarono lo stesso periodo.

Mai prima Brahms aveva prodotto simili opere in un questo nuovo formato ridotto, più compatto. La durata dell’intero trio è di circa venti minuti, meno della metà della lunghezza del precedente trio op.8. Tale compattezza è raggiunta per mezzo della compressione delle idee musicali. Nel primo movimento, ad esempio, i motivi melodici orizzontali possono essere ritrovati riflessi nella verticalità dell’armonia; l’inizio dello sviluppo presenta già una struttura che ripete l’esposizione, rendendo non necessaria la riproposizione del tema principale. Tuttavia, probabilmente, è il quarto movimento quello più significativo in tal senso. Per Brahms, non diversamente da Beethoven, Schubert, Mendelssohn e Schumann, la difficoltà nel costruire il movimento finale, si ripercuote sulla lunghezza paradossalmente proprio a causa della mancanza dei contenuti. Il quarto movimento di questo trio è tutto tranne che tedioso e presenta una delle code finali più d’effetto mai scritte da Brahms.

 

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