Gli Studi di Chopin

Oltre l’aspetto didattico

Frederic_Chopin_photoLo studio pianistico ha solitamente la funzione di presentare all’esecutore una specifica tecnica su cui egli possa esercitarsi. Generalmente gli studi sono in forma tripartita: la prima parte nella tonalità principale, la seconda in tonalità diversa e la terza che riprende la prima parte. Questa forma è didatticamente molto utile, in quanto porta a cimentarsi con varie difficoltà in qualsiasi ambito tonale.

Nelle Op.10 e Op.25 sono contenuti veri capolavori.
Gli Studi Op.10 furono scritti tra il 1830 e il 1832 e sono così belli da far dimenticare all’ascoltatore il fine tecnico per cui sono stati composti.

L’Op.10 n.3 rappresenta un’eccezione tra i primi dodici studi, perchè non sviluppa una tecnica particolare ed è costruito su due idee tematiche contrastanti: una, dolce e cantabile, che ritorna dopo un episodio centrale completamente diverso. Questo studio fu scritto nel 1832, contemporaneamente a un’altra composizione, il Preludio op.28 n.15.

L’Op.10 n.5 è uno studio virtuosistico. Conosciuto come “lo studio sui tasti neri“, esige dall’esecutore perizia e agilità notevoli, perchè la mano destra si muove velocissima esclusivamente sui tasti neri, mentre la mano sinistra accompagna con accordi e ottave.

L’Op. 10 n.12 è il più noto della raccolta ed è chiamato “rivoluzionario” per la sua arditezza tecnica, a anche detto “la caduta di Varsavia” poichè la data della sua composizione, settembre 1831, coincide con la sconfitta della Polonia a opera delle armate russe.
Gli Studi op. 25 risalgono agli anni 1832-36. Con essi Chopin intese, probabilmente, occuparsi delle tecniche non affrontate nella prima raccolta. Vi si nota un ulteriore approfondimento della forma che, oltre a essere trattata con sempre maggiore libertà, apre nuovi scenari musicali. Possiamo anche affermare che parecchie di queste composizioni hanno già caratteristiche armoniche e melodiche proprie della maturità dell’autore.

Lo Studio op.25 n.9 in sol bemolle maggiore è un pezzo virtuosistico in cui l’abilità dell’esecutore viene messa alla prova dalla velocità sostenuta unita alla leggerezza con cui le mani devono muoversi sulla tastiera; la tecnica che viene sviluppata in questo studio è lo”‘staccato”, cioè il percuotere i tasti del pianoforte ottenendo suoni molto brevi e slegati fra di loro.

Infine, ricordiamo le parole di Schumann, musicista e critico musicale, che, in una delle sue recensioni del 1837, a proposito degli Studi op.25, scrisse: “Come potrebbe mancare nella nostra Rivista colui che così spesso abbiamo indicato come una stella rara nelle tarde ore della notte?  Ho avuto la fortuna di sentire questi studi per la maggior parte da Chopin stesso; s’immagini un’arpa eolica che abbia tutte le gamme sonore e che la mano di un artista le mescoli in ogni sorta d’arabeschi fantastici, in modo però da udire sempre un suono grave fondamentale e una morbida nota alta; s’avrà così un’immagine del modo di suonare di Chopin. Questi studi indicano una volta di più quale audace forza creatrice sia posta in lui: veri quadri poetici, non senza qualche piccola macchia nei particolari, ma nell’insieme  sempre possenti e afferranti”.

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