Gli anni tra il 1841 e il 1845 furono per Schumann particolarmente produttivi e allo stesso tempo caratterizzati da una profonda serenità interiore: il matrimonio con Clara Wieck era stato celebrato; l’attività pianistica di Clara, oltre a provvedere alle necessità economiche della famiglia, si rivelava poi assai utile a far conoscere le opere del marito, regolarmente incluse nei suoi programmi. Insomma, dopo un breve periodo di scoramento e depressione in cui si era sentito oscurato dalla più famosa consorte, Schumann cominciava a ricevere manifestazioni di stima che lo incoraggiavano a comporre. Il Concerto per pianoforte e orchestra op.54 venne creato in questo clima di positiva e fervente attività, clima che sembra rispecchiarsi nell’ampia e armoniosa struttura. Il progetto di scrivere un’opera pianistica di grandi dimensioni risaliva a parecchi anni prima tanto è vero che frammenti di un concerto che non fu mai concluso si trovano già in alcuni appunti del 1827. Nel 1839, una lettera, dell’allora fidanzata Clara, rivela che Schumann intendeva scrivere non un pezzo virtuosistico bensì qualcosa di diverso. Il riferimento è al primo movimento del concerto che, terminato nel 1841, sarebbe stato chiamato Concerto- Fantasia in La minore. Dopo il grande successo ottenuto dalla Sinfonia n.1 il brano non venne più pubblicato in questa forma. Ad ogni modo non più tardi del 1845 furono aggiunti gli altri due movimenti. Eseguito per la prima volta a Dresda in un ciclo di concerti organizzato da Ferdinand Hiller presso l’Hotel de Saxe, fu rappresentato a Lipsia, alla Gewandhaus, con la direzione dell’amico Mendelssohn e con Clara al pianoforte. In seguito venne presentato sia in altre città tedesche che all’estero, con la direzione dallo stesso Schumann e la consorte al pianoforte: un binomio artistico perfetto.
Il pianoforte è fino alla fine il grande protagonista della composizione, pur esigendo dall’orchestra non un servile supporto al proprio canto ma un’intima fusione con la sua voce. Certi brevi passaggi, con note tenute e corrispondenze continue, in una partitura spesso scarna, rivelano questo anelito verso un’unione ideale tra orchestra e solista. Per ottenere la fusione ipotizzata da Schumann è richiesto agli esecutori un grande sforzo. Possiamo certo pensare che le esecuzioni di quest’opera, che videro l’autore sul podio e Clara al pianoforte, raggiunsero un livello elevatissimo di comunione, dato che il momento artistico era solo un aspetto di quel profondo legame che univa le loro anime.