L’Orfeo di Monteverdi

ggClaudio Monteverdi è il più grande compositore della prima metà del Seicento. Delle sue diciannove composizioni teatrali ce ne sono arrivate complete sei di cui tre sono opere. La prima di queste “Orfeo” su libretto di Alessandro Striggio. L’opera fu rappresentata a Mantova nel 1607. Questa favola in musica è un lavoro di straordinaria simmetria. I fatti teatrali essenziali si svolgono tutti dal secondo al quarto atto; il primo atto funge da preludio e il quinto da epilogo. L’aria di Orfeo “Possente spirto” del terzo atto, quando Orfeo riesce ad aprirsi un varco verso gli inferi grazie alla magia della sua musica, costituisce l’epicentro musicale e drammatico di tutta l’opera. La struttura è quella di una favola pastorale che utilizza il declamato monodico. Monteverdi operò la fusione fra lo stile madrigalistico del tardo Cinquecento, con la ricchezza scenica e orchestrale dei vecchi intermedi, e una nuova concezione del canto monodico. Orfeo rappresenta il primo tentativo di applicare tutte le risorse della musica all’opera. L’imponente lista di strumenti che si trova sul frontespizio della partitura dà un’idea della portata e dell’importanza della musica strumentale di Orfeo. Anche i cori diventano più numerosi e importanti rispetto alle prime opere fiorentine. Alcuni cori accompagnano le danze altri sono in stile madrigalistico. L’aspetto più importante è il senso della forma: Monteverdi riuscì a fissare una struttura musicale logicamente articolata e pianificata; questo è evidente non solo nell’uso di certi espedienti come le melodie vocali strofiche e i ritornelli strumentali, ma anche nelle parti melodiche.

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