L’Opera in Francia e in Italia nel ‘700

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Jean-Baptiste Lully, fu un compositore francese di origine italiana la cui rilevanza sta nell’aver originato l’opera francese a partire dall’Opera (Italiana). In essa la tipica cantabilità italiana, poco adatta alla lingua francese, è abbandonata a favore di una più rigorosa interpretazione musicale del testo. Ulteriori elementi di differenziazione rispetto al modello italiano sono costituiti dall’importanza assegnata alle coreografie e dalla struttura in cinque atti, che l’opera seria francese conserverà fino a tutto il XIX Secolo. Nacquero così la tragédie-lyrique e l’opéra-ballet.
Dalla fine del Seicento, le arie dell’opera italiana si compongono di due strofe poetiche intonate col “da capo”, ossia ripetendo, con qualche variazione di stile, la prima strofa. Una forma impiegata fino alla fine del XVIII secolo. È questo il secolo nel quale l’opera italiana è riformata dal poeta Pietro Metastasio, il quale stabilisce una serie di canoni formali, relativi sia all’impianto drammaturgico che alla struttura metrica delle arie, applicando le cosiddette unità aristoteliche e dedicandosi esclusivamente al genere serio.
L’esclusione dell’elemento comico ad opera di Metastasio determinò la nascita dell’opera comica, dapprima in forma di Intermezzo, poi come opera buffa e dramma giocoso. Nella seconda metà del ’700 si aggiuse il contributo di Gluck e Mozart, che ridussero ipertrofie e retorica a vantaggio di un chiaro svolgimento dell’azione e di una maggiore aderenza della musica a situazioni e personaggi dell’intreccio. Gluck si mantenne entro il filone della classicità scrivendo sia in italiano sia, soprattutto, in francese. Mozart sviluppò il genere del dramma giocoso, nelle sue opere italiane più famose, e diede l’impulso alla nascente opera tedesca.

Intanto in Francia divampa la querelle des bouffons, un’accesa polemica tra i sostenitori dell’opera buffa italiana,tra cui gli enciclopedisti e in particolare Jean-Jacques Rousseau, e i seguaci dell’opera francese, scatenata dalla rappresentazione di un intermezzo di Pergolesi, “La serva padrona”.

Nella seconda metà del Settecento alcuni dei più importanti maestri italiani, quali Piccinni, Sacchini, Cherubini e, più tardi, Spontini, si stabiliscono a Parigi, ma lo scontro fra le tradizioni e le scuole operistiche italiana e francese non cessa, traducendosi nell’ennesima disputa parigina, che vede contrapposti i seguaci di Piccinni e quelli di Gluck.

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