Un momento cruciale nella storia della musica per liuto, e per la musica strumentale in generale, si verificò all’inizio del XVI secolo, con l’innovazione della tecnica per liuto, che modificò sostanzialmente l’uso della mano destra. Ispirati probabilmente da Joannes Orbo, un liutista tedesco attivo alla corte dei Gonzaga, tra il 1460 e il 1470, i suonatori abbandonarono il plettro in favore dell’uso delle mani nude per riuscire a suonare alcune composizioni senza l’ausilio di altri strumenti d’accompagnamento. I liutisti della vecchia scuola suonavano assieme ad un altro musicista che eseguiva il cantus firmus, con note lunghe, mentre il virtuoso, con il plettro, improvvisava le parti brillanti. I liutisti del tempo cercarono di conciliare il vecchio stile a plettro con la tecnica a mani nude, e gettarono le basi per il linguaggio del solista, che sfruttasse a pieno il suono e le caratteristiche dello strumento a corde pizzicate. Il più innovativo compositore e liutista fu senza dubbio Marco Dall’Aquila, che definì de facto la nuova figura di solista in ambito polifonico, dominando la scrittura per liuto fino a John Dowland, quasi un secolo dopo. Il suo talento nell’uso delle dita e nel produrre idee musicali lo pongono tra i maestri compositori del Rinascimento italiano.