La Toccata dal Rinascimento al Romanticismo

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La Toccata nacque come forma musicale per Liuto. La prima testimonianza del termine si trova in una raccolta denominata “Intabolatura de leuto de diversi autori” (Milano, 1536) di Giovanni Antonio Casteliono: in questa vi sono quattro brani chiamati Tochata, di cui uno è di Francesco Canova da Milano. In seguito la Toccata fu associata anche agli strumenti a tastiera, in particolar modo all’organo, dove la Toccata era spesso usata con funzione di introduzione.

Il termine Toccata deriva da “ricerca improvvisata dello strumento“, infatti significa proprio toccare lo strumento ripetendo scale e arpeggi ascendenti e discendenti, applicando via via variazioni, per trovare nuovi spunti melodici e armonici che dallo strumento stesso possono avere origine.

Raramente il nome è esteso ad opere per più strumenti, come nel caso dell’inizio dell’opera L’Orfeo di Claudio Monteverdi. La Toccata è apparsa per la prima volta alla fine del periodo rinascimentale nell’Italia del nord. Molte pubblicazioni di quegli anni comprendono toccate di compositori come Girolamo Diruta, Adriano Banchieri, Claudio Merulo, Andrea e Giovanni Gabrieli, Luzzasco Luzzaschi e Annibale Padovano. Intorno alla seconda metà del XVI secolo la toccata ebbe un grande sviluppo a Venezia dove venne applicata solo al repertorio sacro ed eseguita quindi all’organo. Le composizioni prevedevano veloci movimenti prima di una mano e poi dell’altra, con passaggi brillanti che scendono a cascata contrapposti ad un accompagnamento di un accordo con l’altra mano.

Andrea Gabrieli, zio di Giovanni Gabrieli, usa anche il termine “intonazione“, che indica una toccata in forma ridotta che può andare dalle cinque alle venti battute; l’intonazione aveva lo scopo di preparare il coro al brano da eseguire: inizia con degli accordi e prosegue con delle scale. Le intonazioni in genere non venivano trascritte poiché potevano essere facilmente improvvisate. Le toccate per organo di Giovanni Gabrieli ci sono pervenute tramite dei manoscritti fatti da alcuni suoi allievi tedeschi. Adriano Banchieri pubblicò a Venezia nel 1605 un trattato intitolato “L’organo suonarino” che trattava l’arte dell’intonazione improvvisata.

La toccata ebbe anche un notevole successo a Napoli tra la fine XVI e l’inizio del XVII secolo, ed ebbe compositori come Ascanio Mayone e Giovanni Maria Trabaci che trattarono le loro toccate in modo quasi clavicembalistico con grande originalità, unendo accordi con altre varie figure melodiche.

Durante il Barocco, la toccata, introdotta da Girolamo Frescobaldi, è più articolata, di maggiore durata e intensità e di accresciuto virtuosismo rispetto alla versione tardo-rinascimentale. Spesso compaiono passaggi rapidissimi inframezzati da salti e arpeggi, alternati con parti che prevedono accordi o fughe. A volte manca un tempo regolare, e ciò aumenta quel senso di improvvisazione che contraddistingue spesso questo genere musicale. Altri compositori del genere, del periodo barocco, prima di Bach, furono Michelangelo Rossi, Johann Jakob Froberger, Jan Pieterszoon Sweelinck, Alessandro Scarlatti e Dietrich Buxtehude.

Le toccate di Bach sono tra gli esempi più famosi per questo tipo di composizione. Le sue toccate per organo sono composizioni brillanti che molto si prestano all’improvvisazione, spesso seguite da un movimento indipendente, chiamato fuga. In questo caso la toccata viene utilizzata al posto del più consueto preludio. Le sue toccate per clavicembalo sono opere composte da più parti, che includono anche una fuga nella struttura.

Il percorso della Toccata, come forma musicale, arrivò fino al Romanticismo, via via perdendo l’interesse sia di artisti che di ascoltatori. Schumann scrisse una toccata per pianoforte solista, così come Maurice Ravel come parte de “Le tombeau de Couperin”, ma si raggiunse una consapevolezza, che nessuno avrebbe prodotto più i capolavori che nel secolo precedente aveva creato Bach.

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