Gluck, il primo grande esponente del Classicismo.
Gluck nacque ad Erasbach, oggi conosciuta come Berching, una cittadina dell’Alto Palatinato (Regierungsbezirk Oberpfalz) in Baviera (Germania) il 2 luglio del 1714. Non esistono dati certi sugli esordi come studente del giovane Gluck, ma con molta probabilità ricevette lezioni presso il collegio dei Gesuiti di Komatau, già frequentato da un fratello, dove imparò a suonare il violino e il violoncello oltre che uno strumento a tastiera tra l’organo ed il clavicembalo. Gluck non ricevette alcun appoggio dalla famiglia, e visse in aperto scontro con il padre il suo amore per la Musica. Fu costretto a fuggire di casa e a guadagnarsi da vivere esibendosi come cantore e suonatore per alcuni anni. Alla fine la spuntò e ritrovò la stima e l’affetto del genitore. Visse per alcuni anni a Praga dove proseguì gli studi musicali e frequentò la Facoltà di Filosofia, seguendo i corsi di Logica, Fisica e Metafisica. A Praga conobbe le opere di Johann Adolf Hasse, basate sul modello metastasiano. Un modello che trionfava in tutta Europa e che il compositore tedesco ebbe modo di conoscere ancora meglio quando si trasferì a Vienna, nel 1735, grazie alla sua partecipazione come “musico di camera” presso il principe Lobkowitz. Successivamente Gluck si trasferì a Milano presso la residenza del nobile Antonio Maria Melzi, suo amico e protettore. Fu lo stesso Melzi ad affidare il giovane compositore agli insegnamenti di Giovanni Battista Sammartini, un maestro molto conosciuto e stimato per la musica strumentale. Questo é il periodo in cui Gluck produsse alcuni brani strumentali come le sei sonate in trio, pubblicate a Londra nel 1746.
La composizione strumentale non fu mai prolifica quanto quella per il teatro. Il 26 dicembre 1741 a Milano cominciò il suo ciclo operistico con Artaserse, su testo di Metastasio. Nel 1745 si trasferì a Londra, dove esordì con “La caduta de’ Giganti” che però non riscosse il favore del pubblico del King’s Theatre. Incontrò e conobbe Händel, che, ad onor del vero, dopo il primo impatto non ebbe parole di stima per il più giovane collega. Il tempo diede la possibilità a Gluck di farsi apprezzare. Il giovane tedesco che rimase profondamente colpito dalla grandiosa semplicità del modello teatrale di Händel e in particolare l’uso drammatico del coro. Questa esperienza, la vicinanza con il famoso “Musicista del Re”, diede a Gluck una nuova vena creativa che metterà in pratica nelle successive produzioni operistiche. Nel 1752 ritornò a Vienna dove, nominato Kapellmeister di una delle più ‘importanti orchestre della capitale austriaca, pose base stabile fino alla morte. Qui conobbe Giacomo Durazzo, direttore di due importanti teatri della città, attorno al quale ruotavano molte attenzioni, soprattutto da parte di molti appartenenti al mondo intellettuale e nobiliare che miravano a restaurare il teatro d’opera. Gluck fu coinvolto in alcune rappresentazioni con certe compagnie di “opéra comique” francesi e diede vita all’opera Don Juan del 1761, con la collaborazione di un noto ballerino e coreografo, Gasparo Angiolini, che sarà suo collaboratore anche in Italia; durante questo lavoro conobbe il librettista Ranieri de’ Calzabigi, con il quale iniziò la cosiddetta “riforma gluckiana”. L’anno seguente, il terzetto produsse “Orfeo ed Euridice”, destinata a diventare l’opera più famosa di Gluck.A questo lavoro ne seguirono altri due: “Alceste” del 1767 e “Paride ed Elena” del 1770.
Conclusa questa esperienza, Parigi fu per Gluck il nuovo centro intellettuale pronto ad accogliere il suo talento. Qui il marchese Le Blanc du Roullet fornì subito un incarico al compositore, adattando il libretto di un testo di Racine: Iphigénie en Aulide fu presentata nel 1774 e ottenne un enorme successo. Fu seguita pochi mesi più tardi da Orphée et Eurydice, versione francese di Orfeo ed Euridice. Nel 1776 la stessa sorte toccò all’Alceste, mentre, proprio alla fine di quell’anno giunse a Parigi Niccolò Piccinni, considerato il rivale di Gluck.
Con grande sconforto fece ritorno a Vienna e lì, dopo molti anni di malattia, morì il 15 novembre del 1787 e fu sepolto, secondo la sua volontà, con il rito cattolico.