Nacque a Jesi, il giorno 4 gennaio 1710. Il suo cognome deriva dalla località d’origine della famiglia paterna che si era trasferita da una località chiamata Pergola. Il cognome originale era Draghi.
Inizia a ricevere le prime nozioni di musica da due sacerdoti e da un marchese del luogo, prima di passare alla scuola del Maestro di cappella comunale, Mondini, e di quello del duomo, Santi. Da subito dimostra un talento naturale tanto da essere considerato un fanciullo prodigio. Il padre, con l’appoggio finanziario del marchese Cardolo Maria Pianetti, lo manda a studiare a Napoli, dove Giovanni Battista viene ammesso al Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo e dove continua lo studio del violino con De Matteis, iniziando “contrappunto e suono di tasti” con il Maestro Greco passando poi, nel 1728, sotto la guida di Francesco Durante.
Durante il periodo di studi Pergolesi si dimostra valente violinista, tanto che nei registri dell’anno scolastico 1729-1730 compare come “capo-paranza”, incaricato di guidare un piccolo gruppo di strumentisti, detto appunto “paranza”, alle manifestazioni cittadine come i funerali, le messe, le feste, che vedevano la partecipazione di numerosi giovani allievi dei Conservatori.
Le sue prime composizioni sono datate attorno al 1730: “La fenice sul rogo, ovvero la morte di San Giuseppe, oratorio in 2 parti”, “Li prodigii della Divina Grazia nella conversione di San Guglielmo Duca d’Aquitania, la “Messa in Re maggiore”, “Salustia” (prima opera seria, adattamento dell’Alessandro Severo di Zeno, con cui Pergolesi esordisce al Teatro di San Bartolomeo).
Terminati gli studi presso il Conservatorio, dopo la morte del padre viene assunto come Maestro di cappella del principe di Stigliano Colonna, uno degli Eletti della municipalità napoletana e tra i nobili più in vista.
In questo periodo compone “Lo frate ‘nnamurato”, la sua prima “opera buffa”, genere per cui è considerato ancora oggi uno dei compositori più importanti.
Nel 1733 mette in scena al teatro San Bartolomeo “Il prigionier superbo”, i cui intermezzi, col titolo “La serva padrona”, vengono salutati da un vero trionfo ed iniziano così vita autonoma al di fuori del dramma a cui sono originalmente destinati.
La stessa sorte spetta l’anno seguente all'”Adriano in Siria”, del quale ancora una volta ottengono un grande successo gli intermezzi, “Livietta e Tracollo”.
Nel 1735 viene invitato a Roma per mettere in scena al Tor di Nona “L’Olimpiade”, che però non riscuote il favore del pubblico. Rientrato a Napoli, diventa organista soprannumerario della cappella regia e nell’autunno dello stesso anno rappresenta al Teatro Nuovo la sua ultima opera buffa, “Il Flaminio”.
Condannato dalla tisi, Pergolesi si ritira nel convento dei cappuccini di Pozzuoli dove termina una delle sue opere più importanti e forse il suo più significativo capolavoro: lo “Stabat Mater”. Tenta di riprendersi dalla malattia polmonare che già da anni lo affligge, ma la tisi lo conduce alla morte il 16 marzo 1736 a Pozzuoli alla giovane età di ventisei anni.