Giovanni Paisiello – La Vita

paisiello

Inizia gli studi musicali a Taranto, li prosegue poi a Napoli preso il Conservatorio di S.Onofrio a Capuana, prima con Francesco Durante, poi con Carlo Catumacci e Gerolamo Abos.
I primi successi da compositore, più precisamente da operista, li ottiene al Nord, a Bologna, dove debutta con Il ciarlone (1764), e poi Modena, Verona, Venezia. Rientrato a Napoli nel 1766, ottiene il suo primo trionfo napoletano nel 1767 con L’idolo cinese.

A quest’opera fanno seguito tutta una serie di titoli che consolidano la sua fama, fino al Socrate immagionario, del 1775, che chiude il suo primo ‘periodo’ compositivo: la personalità del compositore è ben delineata, sia con le sue capacità di operista buffo, sia con la sua propensione per il genere serio. In quest’opera in particolare, Paisiello portava la satira al massimo livello, non limitandosi a generalizzare, ma puntando sull’individuo. Non è un caso che il Ministro degli Interni Bernardo Tanucci ne abbia vietato le repliche, ritenendola ‘indiscreta’.
Ormai la fama di Paisiello aveva varcato i confini del regno di Napoli e così Paisiello accettò nel 1776 l’invito dell’imperatrice Caterina II di Russia a recarsi a Pietroburgo per occupare il posto di maestro di cappella lasciato vacante da Traetta. A Pietroburgo compose l’opera seria Nitteti (1777), I filosofi immaginari (1779), La serva padrona , sullo stesso libretto già musicato da Pergolesi, Il barbiere di Siviglia sul testo di Giuseppe Petrosellini, tratto da Beaumarchais.
Nel 1784 Paisiello, certo che a Napoli lo aspettava un incarico importante, lasciò la Russia. Durante il lungo viaggio di ritorno, Paisiello si fermò anche a Vienna, dove Giuseppe II lo sollecitò a comporre un’opera: nacque così Re Teodoro in Venezia, su testo del Casti, che ottenne un trionfo memorabile.
Di nuovo a Napoli, Paisiello continuò a comporre opere, senza tralasciare la musica sacra e da camera. Di questo terzo periodo si ricorda soprattutto Nina o sia la pazza per amore (1789).
Le vicende politiche che coinvolsero il regno di Napoli ebbero notevoli ripercussioni sulla carriera e sulle fortune del compositore.

Quando nel 1799 si instaurò la Repubblica partenopea, Paisiello non seguì il re Ferdinando in fuga per Palermo, e in seguito accettò la nomina di maestro di cappella della Repubblica. Ritornato Ferdinando e restaurata la monarchia, per il compositore iniziò un periodo assai tormentato.
L’invito di Napoleone, che amava la sua musica più di quella di ogni altro compositore, a recarsi a Parigi, pose di nuovo Paisiello in una posizione di primo piano. Il tiepido successo ottenuto dalla sua Proserpina (1803) su libretto di Quinault, lo spinse a chiedere anche a Napoleone il permesso di rientrare a Napoli.
Nella sua città adottiva entra al servizio di Giuseppe Bonaparte e poi di Gioacchino Murat: in questi anni compone I pittagorici su libretto del Monti, l’opera che segnerà la sua definitiva caduta in disgrazia alla nuova restaurazione dei Borboni. Muore in miseria, dimenticato da tutti, assistito dalla sorelle.

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