Rach 3

Immaginate una sorta di singolare sfida a distanza, un confronto silenzioso che attraversa il tempo: da una parte il pianista David Helfgott, un talento fragile e appassionato, dall’altra il grande compositore Sergej Rachmaninov. Al centro di questo “duello” c’è il suo terzo concerto per pianoforte e orchestra, un’opera maestosa e temuta, universalmente conosciuta come Rach 3. Per Helfgott, questo brano non è solo un pezzo da studiare, ma un vero e proprio Everest musicale, la vetta ambita che, paradossalmente, tutti i suoi maestri gli sconsigliano di affrontare. Eppure, con la tenacia di chi ha un sogno nel cuore, decide di presentarlo come suo saggio finale a Londra.
Il Rach 3 si porta dietro una fama quasi mitologica, quella di essere “il concerto più difficile del mondo”, una partitura vertiginosa, fitta di note che si susseguono a una velocità impressionante. Ma per David Helfgott, questa sfida si rivelerà un’arma a doppio taglio. Dopo averlo eseguito, il peso di tanta tensione e sforzo lo porterà a un crollo psicofisico devastante, un periodo di oscurità e silenzio che lo terrà lontano dalla luce per oltre dieci anni, confinato in ospedali psichiatrici.
Eppure, la musica, quel linguaggio universale che aveva rischiato di travolgerlo, sarà anche la sua ancora di salvezza. Proprio grazie al Rach 3, Helfgott riuscirà lentamente a riemergere da quella “nebbia” interiore, ritrovando a poco a poco un equilibrio, stringendo nuove amicizie, incontrando l’amore e, infine, tornando a sedersi di fronte a quel pianoforte che tanto lo aveva messo alla prova.
La realtà, in modo sorprendente, ha superato persino il lieto fine del celebre film “Shine”, ispirato alla sua storia. L’onda emotiva suscitata dalla pellicola ha avuto un effetto benefico sia per Helfgott che per la memoria di Rachmaninov. Il pianista ha registrato il tutto esaurito in trionfali tournée negli Stati Uniti, la RCA ha pubblicato la sua interpretazione dal vivo del Rach 3 registrata a Copenaghen nel 1995, e la Philips ha lanciato la colonna sonora di “Shine”: entrambi i dischi hanno riscosso un successo straordinario.
Quanto a Rachmaninov, la sua musica sembra essersi liberata dalle etichette tardo-ottocentesche e dai virtuosismi eccessivi dei suoi contemporanei, vivendo una nuova stagione di gloria. La sua arte viene ora apprezzata per la sua purezza cristallina e la sua solidità granitica. E quel Rach 3, un tempo simbolo di difficoltà insormontabile, nelle interpretazioni dei più grandi pianisti, ha scalato le classifiche di vendita per mesi, dimostrando la sua intramontabile bellezza e il suo fascino eterno.