Il rapsodo era il cantore professionista che nell’Antica Grecia recitava e cantava poesie epiche, liriche, elegiache e giambiche. Il termine ha origine nella letteratura greca nel V secolo a.C., e da un passo di Pindaro (Nemea, 2.1) se ne ricava l’etimologia, per cui il rapsodo era il “cucitor di canti”. In origine i rapsodi recitavano accompagnandosi con la lira, più tardi sostituita con un bastone, come si vede nelle raffigurazioni degli antichi vasi greci. Secondo Platone, Femio, il cantore che nell’Odissea è indicato come un aedo, è in realtà un rapsodo. L’età d’oro dei rapsodi è probabilmente tra i secoli V e IV a.C., quando partecipavano a giochi e feste pubbliche, in cui si facevano notare per la voce e l’abbigliamento vistosi e gareggiavano fra loro; questi artisti riuscivano a suscitare emozioni in chi li ascoltava mettendoci una passione che potrebbe avvicinarli ai moderni attori. Secondo alcuni studiosi, il rapsodo, a differenza dell’aedo, ripeteva ciò che gli era stato trasmesso, rileggendo uno “spartito”. C’è però chi sostiene che i rapsodi intervenissero sul repertorio tradizionale, arricchendolo: si pensa che a loro sia dovuta la composizione di certi inni omerici, che nella recitazione precedevano certe parti dei poemi veri e propri. Depositari per lungo tempo del patrimonio culturale, ed in special modo quello mitologico, venivano scrupolosamente addestrati; mantennero nel repertorio la pronuncia omerica fino all’età alessandrina, forse anche per influsso e autorità degli Omeridi, la corporazione di Chio specializzata nel cantare la vita e le opere di Omero, che gli altri rapsodi consideravano arbitri e punto di riferimento per la categoria. Nonostante fossero giudicati con disprezzo dalla classe colta (ma il loro livello era comunque più alto di quello dell’attore omerico) e considerati inattendibili, l’attività dei rapsodi continuò a lungo, giungendo fino al III secolo d.C., cioè quasi alla fine dell’era pagana.(Tratto da Wikipedia)