È probabile che nell’antico Egitto, anche se non si può parlare di una vera e propria notazione, sia esistita una grafia musicale che dava indicazioni di tipo ritmico e melodico.
Ad esempio, a partire dal Medio Regno, le lettere (y) e (h) stanno talvolta ad indicare segni musicali corrispondenti a vocalizzi di cantanti. Una caratteristica della pratica musicale egizia era la “chironomia“, cioè la direzione di un complesso musicale mediante alcuni gesti e movimenti della mano. Questa venne quindi trasmessa agli antichi Greci e la ritroveremo direttamente nel Medioevo poichè sarà all’origine della scrittura neumatica.
La chironomia venne utilizzata da Guido D’Arezzo con l’ingegnoso sistema della “mano armonica” o “guidoniana“, secondo il quale la successione dei suoni veniva fatta corrispondere alle falangi e alla punta delle dita. Il chironomo egiziano era alle volte contemporaneamente anche cantante e stava accovacciato di fronte ai musicisti, facendo gesti con le mani dal significato ritmico e melodico. I movimenti chironomici che più frequentemente compaiono sono il pollice che tocca l’indice e va a formare una specie di anello e la mano con le dita tese.
Gli studiosi ritengono che questi due diversi e ricorrenti atteggiamenti della mano stiano ad indicare, in termini di armonia, la nota fondamentale e la quinta. I successivi gradi di una scala sarebbero indicati dalla differente inclinazione del braccio rispetto all’avambraccio, per cui più acuto è l’angolo, più acuta è la nota. Pertanto è possibile “ricostruire” parecchie scene musicali che però non hanno ovviamente una dimensione temporale che ci permetta di ricreare e far rivivere una vera e propria sequenza di suoni. Uno dei problemi maggiormente dibattuto dagli studiosi è stato quello di accertare l’esistenza dell’armonia nella musica egiziana. Osservando i dipinti e le scene a rilievo, si è subito portati ad affermare che gli Egizi conoscevano l’armonia, in quanto spesso compaiono degli insiemi strumentali, che probabilmente realizzavano delle combinazioni simultanee di suoni.
A sostegno dell’ipotesi che gli Egiziani conoscessero l’armonia, vengono in aiuto alcuni strumenti musicali tra i quali il liuto, l’arpa e il doppio clarinetto. Attraverso lo studio di un liuto proveniente dalla tomba di Harmose a Tebe, del quale sono stati trovati i frammenti di tre corde di uguale spessore, si è ipotizzato che una delle tre corde fungesse da nota base, quasi una sorta di bordone, e che le altre due fossero accordate all’unisono e suonate insieme come una sorta di mandolino. L’arpa appare fin dall’antico regno ed è rappresentata innumerevoli volte nei bassorilievi. Gli studiosi pensano che gli arpisti accompagnassero i canti con accordi formati generalmente da note lungamente tenute o ripetute ritmicamente. Misurando la lunghezza delle corde e osservando la posizione delle mani sullo strumento sono stati calcolati gli intervalli più frequenti: la quinta e l’ottava.
Una testimonianza musicale di notevole importanza proviene dalla famosa mastaba di Ptah-hotep a Saqqara, in quanto il chironomo raffigurato esegue due movimenti diversi contemporaneamente: la mano sinistra, che ha il pollice e l’indice che si toccano, indica la fondamentale e la mano destra, con le dita tese, la quinta. Questo documento indica chiaramente l’uso nella musica egizia di suoni simultanei e quindi l’esistenza di un’armonia. È presumibile che la melodia eseguita dalla voce o da uno strumento, o da entrambi, fosse accompagnata da accordi di quarta, quinta e ottava, ossia da quegli intervalli considerati naturalmente consonanti.