La Forza del Destino di Verdi – La trama

La forza del destino è un’opera in quattro atti.

forza destino

La prima rappresentazione assoluta ebbe luogo al Teatro Imperiale di San Pietroburgo il 10 novembre 1862. Il debutto italiano avvenne al Teatro Apollo di Roma il 7 febbraio 1863, con il titolo Don Alvaro. La seconda versione  debuttò al Teatro alla Scala di Milano il 27 febbraio 1869, diretta da Angelo Mariani. Inoltre il finale fu cambiato, perché nella prima versione russa, l’opera terminava con il suicidio di Alvaro, dopo la morte di Leonora, gettatosi da un burrone.

Trama

Tra il primo e il secondo atto passano circa 18 mesi. Tra il secondo e il terzo alcuni anni; e tra il terzo e il quarto oltre un lustro.

Atto I
Donna Leonora di Vargas  e don Alvaro, meticcio, per evitare l’opposizione al loro matrimonio del padre di lei, il marchese di Calatrava , si preparano a fuggire nottetempo da Siviglia. Leonora, affezionata nonostante tutto al padre, medita sull’incertezza del proprio destino e dice addio alla terra natia. L’arrivo di Alvaro le fa svanire gli ultimi dubbi, ma i due vengono sorpresi dal marchese, che, tornato all’improvviso, rinnega la figlia e ordina ai servi di arrestare il giovane. Questi, proclamandosi unico colpevole, si dichiara pronto a subire la punizione del marchese e getta a terra la pistola, da cui parte un colpo che uccide il vecchio. I due sventurati amanti scompaiono nella notte.

Atto II
Il fratello di Leonora, don Carlo, deciso a vendicare la morte del padre, è alla ricerca dei due amanti. Giunto a Hornanchuelos si spaccia per uno studente agli occhi degli avventori di un’osteria, tra i quali si trovano dei pellegrini, la zingara Preziosilla, alcuni soldati, un mulattiere, e la stessa Leonora che, travestita da uomo, si sta dirigendo al Monastero della Vergine degli Angeli, nei pressi del quale intende vivere in eremitaggio. Dal racconto di don Carlo Leonora scopre che don Alvaro, creduto morto, è ancora in vita, e teme per la propria stessa incolumità: si appresta quindi a ritirarsi dal secolo con rinnovato vigore. Giunta al monastero, la giovane si affida alla Vergine pregando perché i propri peccati siano perdonati, quindi chiede un colloquio al padre guardiano, cui rivela la propria identità e il desiderio di espiazione. Il padre, indulgente e comprensivo, l’avverte però che la vita che l’attende è piena di stenti e cerca di convincerla per l’ultima volta a ritirarsi in convento invece che in una misera grotta. Constatando la fiduciosa costanza di Leonora, tuttavia, acconsente al volere di lei e, consegnatole un saio, chiama a raccolta i monaci che, maledicendo chiunque oserà infrangere l’anonimato dell’eremita, si rivolgono in coro alla Madonna.

Atto III
Siamo in Italia, vicino a Velletri. È notte, infuria la lotta tra gli spagnoli e gli imperiali. Don Alvaro è capitato nei granatieri spagnoli e, non potendo sopportare oltre le sue sventure, spera di trovare la morte in battaglia. Rievocando il proprio passato di orfano, figlio di discendenti della famiglia reale Inca, ripensa alla notte fatale in cui vide per l’ultima volta Leonora, e, convinto che la giovane sia morta, le chiede di pregare per lui. Ad un tratto, sente il lamento di un soldato in difficoltà, accorre in suo aiuto e gli salva la vita: l’uomo altri non è che don Carlo, che però non riconosce il giovane indio. I due si giurano eterna amicizia. L’indomani, tuttavia, Alvaro stesso cade ferito e viene trasportato da don Carlo. Alvaro morente affida a Carlo una valigia con un plico sigillato contenente un segreto che non dovrà mai essere rivelato: alla sua morte il plico dovrà essere bruciato. Carlo giura di farlo, ma una volta solo, insospettito dall’orrore provato dall’amico al nome dei Calatrava, apre la valigia, dentro la quale trova un ritratto di sua sorella Leonora: vedendo confermati i propri sospetti, sfida don Alvaro a duello. I due hanno già incrociato le spade quando sopraggiunge la ronda: Alvaro scappa e trova rifugio in un monastero. Nell’accampamento, intanto, ricomincia la vita di sempre: la zingara Preziosilla predice il futuro e incita i soldati alla battaglia.

Atto IV
Nei pressi del Monastero degli Angeli il frate Melitone  distribuisce la minestra ai poveri. Questi, lamentandosi per il suo comportamento sgarbato, rimpiangono l’assenza del padre Raffaele, il nome scelto da don Alvaro al momento dell’entrata in monastero. Lo stesso padre Raffaele è richiesto da don Carlo che, scoperto il nascondiglio di don Alvaro, lo sfida nuovamente a duello. In un primo momento don Alvaro rifiuta il confronto ma, sentendosi chiamare codardo e mulatto, si prepara ad incrociare nuovamente il ferro con lui. Presso la grotta dove si è ritirata, Leonora, riconoscendosi ancora innamorata di don Alvaro, piange il proprio destino. Sentendo improvvisamente dei rumori nelle vicinanze, si rifugia nel proprio abituro, ma è richiamata proprio da don Alvaro che, avendo ferito don Carlo a morte, cerca un confessore per dare all’agonizzante gli ultimi conforti. Terrorizzata, Leonora chiama aiuto ma, inaspettatamente riconosciuta dal giovane, si accinge a ricongiungersi con lui. Messa a parte del ferimento di don Carlo, tuttavia, si precipita da lui che, ancora ossessionato dal desiderio di vendetta, la pugnala. Raggiunta dal padre guardiano, Leonora spira tra le braccia di don Alvaro, augurandosi di ritrovarlo in cielo. Egli, rimasto definitivamente solo sulla terra, maledice ancora una volta il proprio destino.

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