Rostropovich, Violoncellista e Uomo Simbolo

Rostropovich – Il grande pubblico lo ricorda come l’artista che l’11 novembre 1989 compì un gesto memorabile suonando davanti al muro di Berlino che crollava.

rostropovich-sotto-il-muro-di-berlino1Nato il 27 marzo 1927 in Russia, a Baku, nell’Azerbaijan, figlio e nipote di violoncellisti, Rostropovich scopre il suo talento musicale a soli quattro anni. Durante l’adolescenza entra nel Conservatorio di Mosca, dove studia pianoforte, violoncello e direzione d’orchestra. Il suo primo concerto ha luogo a soli quindici anni. Da lì comincia una carriera costellata da grandi successi, e memorabili esecuzioni. Nel 1955 Rostropovich sposa il primo soprano del teatro Bolshoi di Mosca, Galina Visnevskaja. Da allora, ha spesso accompagnato la moglie al pianoforte, creando un raffinato ensemble musicale. Anche le due figlie, Olga ed Helen, sono entrambe musiciste. Dopo la National Symphony Orchestra di Washington, ha diretto molte altre importanti orchestre, e suonato nelle maggiori sale da concerto del mondo. Ha diretto anche numerose opere liriche, tra le quali Lady Macbeth nel distretto di Minsk, l’opera censurata del suo amico Shostakovic. Considerato il più grande violoncellista della nostra epoca, l’artista che, dopo il leggendario Pablo Casals, ha saputo al meglio esprimere le qualità e le potenzialità del suo strumento. E è ricordato anche come uno dei più strenui oppositori del regime sovietico, amico dello scrittore Alezander Solzhenitsyn, che ospitò a casa sua per quattro anni, e del compositore Dimitri Shostakovic, che fu anche suo maestro e gli dedicò alcune composizioni.

Ottenne già da giovanissimo un grande successo nel suo Paese e all’estero. Nel 1950 era stato insignito del Premio Stalin, all’epoca la massima onorificenza dell’Unione Sovietica, e nel 1956 era diventato primo violoncello all’orchestra di stato dell’Urss e professore di violoncello al conservatorio di Mosca. Nonostante questo, in Russia, non gli furono perdonate le critiche, e soprattutto l’amicizia verso Solzhenitsyn: “In Russia avevo tanti amici – raccontò una volta – Quando in Occidente fu pubblicata la mia lettera a favore di Solzhenitsyn, questi amici, quasi tutti, incontrandomi, voltavano la faccia e guardavano i muri, studiando meticolosamente il colore dell’intonaco”.

In seguito ai fortissimi contrasti con le autorità sovietiche nel 1974 il violoncellista venne esiliato e successivamente privato della cittadinanza russa. Si trasferì con la moglie negli Stati Uniti, divenne cittadino americano e nel 1977 direttore della National Symphony Orchestra di Washington. “Mi cacciarono – dichiarò recentemente il musicista – io non avrei mai abbandonato per mia volontà il mio Paese”. Il regime sovietico non lo perdonò mai, tant’è vero che il grande violoncellista potè tornare in patria solo nel 1991, all’indomani del crollo del regime sovietico. Vi tornò poi diverse volte non solo per tenere concerti, ma anche come ambasciatore dell’Unesco, per aiutare i bambini del suo Paese.

Si è spento a Mosca, il 27 aprile 2007.

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