Diverse Scuole con un’Unica Anima
E’ la musica cantata, suonata, ascoltata e capita da tutti coloro la cui lingua madre è l’arabo o uno dei suoi dialetti, indipendentemente dalla religione, dall’etnia e dal luogo di residenza.
Questa vasta area geografica si suddivide in tre grandi scuole musicali:
scuola magrebina (Marocco, Algeria, Tunisia, Libia)
scuola siro – egiziana (Egitto, Palestina, Giordania, Libano e Siria)
scuola irachena (Iraq, Arabia Saudita, Bahrein, E.A.U., Kuwait, Qatar, Oman e, Yemen).
scuola arabo – africana (Mauritania e Sudan).
Nonostante queste diversificazioni, la musica araba costituisce una tradizione forte e specifica, lo studio della quale rivela due punti essenziali: unità sovranazionale e arricchimento costante da parte delle varie tradizioni locali. L’unità sovranazionale di quest’arte, elaborata partendo dalle varie tradizioni pre-islamiche, si è realizzata grazie al contributo spirituale dell’Islam e linguistico dell’arabo.
Di tradizione orale la musica araba fa parte della grande famiglia delle musiche modali.
Si basa sul concetto di maqam (“luogo”, “il luogo dove si sta”, cioè l’ambito entro il quale si muove la composizione), che designa sia la scala modale e le sue caratteristiche che le reazioni emotive che esse possono suscitare nell’ascoltatore. Le scale modali, dette maqamat, sono formate da sette note e suddivise in 24 intervalli di un quarto di tono ciascuno dando così la possibilità al musicista di utilizzare distanze tra le note, oltre che di un semitono, anche di un quarto e tre quarti di tono. Tali scale modali eptafoniche sono più di 70 e ogni nota all’interno della scala stessa ha un nome che non si ripete all’ottava. Di fatto, essendo sufficiente un ambito di due ottave per eseguire la musica araba tradizionale, i teorici hanno contrassegnato con un nome soltanto i 48 suoni delle due ottave. “Ogni maqam costituisce un’entità modale che si muove in un universo melodico-ritmico, le cui strutture interne sia di spazio che di tempo obbediscono ad una serie di leggi consacrate dalla tradizione, dal gusto e dalle inflessioni dialettali e fonetiche proprie al genio di ogni gruppo sociale”.
Il sistema tonale arabo non è temperato, ovvero, gli intervalli tra le note non sono sempre tutti uguali ma la loro ampiezza varia secondo il modo usato e secondo la sensibilità e il gusto dell’esecutore.
Manca anche il concetto di armonia : si tratta di una musica che produce solo una linea melodica per volta con accompagnamento ritmico e quando due o più strumenti (melodici) suonano insieme, eseguono la stessa melodia all’unisono o a distanza di un’ottava.
“La musica araba ha un andamento che potremmo definire “orizzontale” : non esiste la dimensione verticale di coordinazione tra le diverse voci o strumenti. Il tempo scorre senza un concetto di sviluppo : non si deve arrivare a qualcosa ; piuttosto la melodia stessa dilata il tempo colorendolo di fioriture, ricami e abbellimenti che orbitano intorno alle note di una semplice melodia, mentre il musicista, improvvisando, si lascia trasportare dalla propria emotività“.
Altra caratteristica intrinsecamente legata alla tradizione musicale araba, quindi, è l’improvvisazione vocale e strumentale, che viene spesso eseguita sia come introduzione al brano con l’intento di esplorare il maqam e svelarne gli aspetti emotivi sia durante il brano stesso diventandone parte integrante.
Essendo ogni pezzo pensato in un certo maqam, il musicista per improvvisare deve conoscere perfettamente tutte le caratteristiche della scala, i suoi contenuti emotivi e i frammenti melodici tramandati dalla tradizione orale e composti dal suo maestro, da altri maestri o da egli stesso.
Tratto da www.freaknet.it