MC pizzica le corde de “La Follia Guitar Orchestra”

folliaguitarNata da un’idea e progetto di Giovanni Maselli, già membro dell’Eon Guitar Quartet, “La Follia” è il secondogenito, uscito questo dicembre, della nascente etichetta discografica Stamata, mix di profesionalità legate alla musica classica, ma non solo, con base a Bologna. La Follia Guitar Orchestra è un’orchestra composta unicamente da strumenti a corde pizzicate e da musicisti professionisti e non. Una scommessa che il direttivo di Stamata, sta dimostrando dalle sue prime battute di voler affrontare con modalità e spirito innovativo e tenace. In questo singolare e “folle” ensemble trovano spazio vari tipi di strumenti: un gruppo principale formato da chitarre di dimensione, timbro ed estensione classica, due strumenti più piccoli, chiamati “requintos”, concepiti per suonare nei registri più acuti, e due bassi elettrici ed acustici, andando a comporre un ensemble di ventuno musicisti. Già dalle prime apparizioni l’orchestra ha riscosso notevole successo sia per la particolarità della formazione sia per l’originalità del repertorio presentato, eseguendo trascrizioni ed arrangiamenti originali di composizioni che appartengono al repertorio orchestrale sinfonico: dai concerti per mandolino di Vivaldi alle serenate di Mozart, dalle due grandi suite sinfoniche del “Peer Gynt” di Edward Grieg ai valzer di Johann Strauss fino a giungere ad un originale arrangiamento del “Concierto de Aranjuez” di Joaquin Rodrigo. Nell’ottobre 2011 l’orchestra ha ottenuto il secondo premio al prestigioso Concorso Internazionale “Mondo Musica” di Cremona sotto la guida del suo direttore principale, Massimo Taddia.

Giovanni Maselli (Prima chitarra) Gerardo Catena (Presidente dell’Associazione), Massimo taddia (Direttore d’orchestra) Luca Tagliati e Ferdinando Bonapace – membri dell’orchestra – ci raccontano qualcosa in più su questa avventura che da tempo riscuote sempre più successo.


Come è nata l’orchestra e come si sviluppa la sua attività?

Gerardo Catena – L’orchestra è nata attraverso un progetto di Giovanni Maselli con il contributo successivo di altri musicisti professionisti e non, ma anche in particolar modo grazie alla Direzione e i suggerimenti del Maestro Massimo Taddia . Le premesse e le ipotesi di lavoro furono davvero sorprendenti tant’è che già nella fase iniziale (dal lontano novembre 2009) alle prime prove si contavano oltre 30 chitarristi che volevano aderire al progetto. Si è scelto di lavorare su brani di musica classica che ci hanno permesso di sviluppare con successo in questi anni un variegato repertorio a partire da Mozart sino a Joaquin Rodrigo, passando anche da brani di altri autori (Bach, Dowland, Strauss, Vivaldi, Grieg, ecc.) L’attività orchestrale ha avuto un notevole impulso e si è sviluppata grazie al contributo di tutti attraverso prove, concerti e attività collaterali (stesura partiture, prove di sezione, scambi e condivisione di proposte e progetti. Dopo questa fase di assestamento, nel Marzo 2012 è stata costituita regolarmente l’Associazione La Follia Guitar Orchestra ed è iniziata una fase di una più strutturata visibilità e progettualità sia nelle attività in essere che in quelle future previste.

Luca Tagliàti – L’orchestra è nata sicuramente come gruppo di aggregazione tra professionisti ed amatori, oltre che per sperimentare con curiosità, quale musicalità potesse avere suonare con le chitarre l’Eine Kleine di Mozart oppure le due Suite Peer Gynt di Grieg, sia dalla parte di chi ascolta, che da quella di chi esegue; i riscontri sono stati molto positivi da entrambe le parti.

Ferdinando Bonapace – Si, Ne è nata una compagine veramente interessante che si differenzia dalla stra grande maggioranza di Ensemble chitarrristici per la ricerca di nuove sonorità attraverso un repertorio assolutamente non chitarristico. Infatti, con il Concerto di Aranjuez, che nella sua parte solista rientra nel repertorio chitarristico classico, nel caso de “La Follia” anche la parte orchestrale viene eseguita dal nostro Ensemble.

L’esperienza de “La Follia” mescola la performance di elevato livello all’esperienza didattica e formativa, quali sono state fin’ora, le sensazioni, le soddisfazioni e le criticità?

Gerardo Catena – Durante gli anni ci sono state una serie di importanti passaggi. A titolo personale potrei citare la prima prova in orchestra (alla fine del 2009) che è stata carica di emozioni e rappresentazioni di un mondo che per molti di noi (soprattutto i non professionisti) era un mondo nuovo. Stare a contatto con musicisti di un elevato calibro professionale ci ha permesso di crescere molto sia musicalmente che come gruppo. Si palpava una sensazione di piacere nell’eseguire brani adattati alle nostre esigenze chitarristiche e contemporaneamente se ne accompagnava un’altra di soddisfazione nei risultati parziali e nei concerti che si sono raggiunti con lo sforzo di ognuno. Il primo concerto (ancora oggi vivido nei ricordi di tutti credo) è stato fondamentale perché ha accresciuto il senso di appartenenza di ognuno di noi. Forse l’unica criticità, se cosi la volessimo definire, è stata la mancanza di strutture e percorsi anche istituzionali che potevano probabilmente darci un sostegno diverso per far crescere ulteriormente la nostra Associazione, mentre alcune altre criticità le potrei collegare con la ordinaria gestione di un gruppo di circa 20 musicisti (gestione del turn over, calendarizzazione delle prove, gestione sia artisitca che amministrativa, ecc.) che richiede comunque un tempo da dedicare.

Luca Tagliàti – Inizialmente poteva essere un problema il differente tipo di formazione del gruppo tra professionisti ed amatori, ma col tempo ho scoperto che con volontà e costanza si possono superare le difficoltà tecniche che sembravano insormontabili, anche e soprattutto con l’aiuto e l’esperienza del nostro Direttore.

Ferdinando Bonapace
– Dall’inizio del 2010, quando sono entrato a far parte de “La Follia” mi si è aperto un mondo nuovo. Ho iniziato a comprendere cosa vuole dire suonare in gruppo, ascoltando gli altri, ho imparato a comprendere il gesto del direttore, ma soprattutto, l’approccio ad un brano sviscerandone tutti gli aspettivi esecutivi ed interpretativi dello stesso. E’ un’esperienza che ho già vivamente consigliato a molti chitarristi “amateurs” come me e continuerò a farlo perché convinto della bontà e soprattutto della crescita musicale che una siffatta esperienza può portare.

Giovanni Maselli – Direi che sia Luca che Gerardo hanno risposto alla domanda dal punto di vista dell’esperienza sociale. Personalmente non posso che sentirmi orgoglioso di trovarmi dopo 5 anni a far parte di un gruppo che, mentre nella primissima prova non sapeva nemmeno attaccare all’abbassarsi della bacchetta del direttore (e non mi riferisco solo ai “dilettanti”), ora ha una consapevolezza non solo del gesto di chi dirige ma anche delle più raffinate dinamiche di ensemble che fanno sì che anche chi è più avanti, più esperto possa trovare delle gratificazioni. Le criticità sono probabilmente quelle che si instaurano in qualsiasi gruppo. E’ difficile se non si è mai lavorato in team riuscire a definire in maniera costruttiva delle “gerarchie”, dei ruoli. Questo a maggior ragione in un’orchestra formata da strumentisti che normalmente vengono educati da solisti. Normalmente un violinista è abiutato a stare in fila e a rispondere alle indicazioni del violino di spalla o del direttore. Questo non è così naturale ed automatico in un gruppo di chitarre, come immagino sarebbe ancora più difficile in un gruppo ad esempio di pianisti. Si è dunque lavorato e si lavora molto in questo senso.

Esistono nel panorama nazionale altre esperienze affini alla vostra alle quali vi siete ispirati?

Giovanni Maselli – Certo esistono altre orchestre di questa natura anzi alcune di esse erano precedenti alla nostra nascita. Devo dire che sinceramente non mi sono “ispirato” ad esse al momento del concepimento di questa idea. Piuttosto dopo, quando bisognava creare il repertorio, ho curiosato sul web, tra i dischi, nei festival per capire cosa si prestasse a questo tipo di sonorità e cosa meno. Credo che siamo l’unica esperienza italiana e tra le poche europee ad aver allargato il registro sonoro con l’utilizzo dei Requintos e del basso cosa invece diffusa nelle Nibori orchestras giapponesi dove queste formazioni sono molto diffuse e ci sono festival dedicati espressamente a queste realtà che arrivano anche a 80 orchestrali!

Gerardo Catena – Ci sono varie orchestre di chitarre, ma si differenziano dalla nostra sia per il numero di elementi ,che per l’ utilizzo di strumenti a corda diversi dai nostri, come anche per il repertorio. Infatti vorrei sottolineare come il riadattamento di alcuni brani ha comportato un grande sforzo di personalizzazione per l’orchestra sia da parte della Direzione che di un nostro collega (Ferdinando Bonapace) che ha egregiamente svolto il lavoro di arrangiamento, assemblaggio e correzioni in funzione delle preziose indicazioni del Direttore d’Orchestra e delle prime chitarre.

Cosa sentite di suggerire, in base alla vostra esperienza “non professionale”, a coloro che fossero interessati ad unirsi a voi?

Gerardo Catena – A chi che volesse unirsi alla nostra esperienza, in particolar modo i “non professionisti”, potrei suggerire che la nostra orchestra è una dimensione che richiede una sistematica partecipazione e impegno,ma al contempo è in grado di offrire grossissime soddisfazioni sul fronte della crescita sia musicale (come tecnica e come esecuzione orchestrale), che umana.

Ferdinando Bonapace
– Suggerisco a chiunque voglia crescere musicalmente, di provare un’esperienza simile alla nostra. Quello che consiglio è lo studio costante e serio, di non prendere sotto gamba l’impegno, puntando sempre a degli obbiettivi sempre più ambiziosi che, sotto la guida attenta e scrupolosa di un Direttore come il nostro, non possono essere preclusi a nessuno.

Quali sono i progetti e gli obbiettivi che volete realizzare nel prossimo futuro?

Gerardo Catena
: A partire dall’uscita del disco per questo dicembre, abbiamo in cantiere per il 2015-2016 varie attività. In particolar modo rinnovare in parte il repertorio con brani nuovi, inserire nuovi membri in orchestra, preparare alcuni concerti per arrivare a inizio 2016 ad essere pronti per eventuali tournè in Italia o anche all’estero.

Luca Tagliàti – Ci piacerebbe allargare il nostro repertorio e successivamente di poter esibirci in luoghi e contesti sempre più gratificanti, magari con qualche tournèe all’estero.

Giovanni Maselli – Sicuramente ci sarà un periodo di promozione del disco in uscita e poi abbiamo già in cantiere un progetto organico sotto forma di spettacolo a sé stante che vedrà qualche ospite speciale (ballerini percussionisti e cantanti). Questo sicuramente oltre alla auspicabile attività concertistica ci vedrà impegnati sicuramente per lungo tempo.

Massimo Taddia, come vive personalmente questa interessante ed intensa esperienza?

Massimo Taddia – Lavorare con un gruppo di persone desiderose di fare musica insieme, siano professionisti o meno, presenta le stesse sfide che ritrovo nel quotidiano professionale. In questo caso, come si potrebbe pensare, non sono tanto le problematiche tecniche da affrontare e superare ad essere la principale sfida bensì riuscire a coinvolgerli dopo una giornata di lavoro, farli entusiasmare nonostante la stanchezza e convincerli che possano davvero esprimersi attraverso il fare musica insieme nonostante i limiti, le insicurezze e l’inesperienza nell’affrontare un repertorio complesso come quello sinfonico – che naturalmente non appartiene alla chitarra – e riuscire lo stesso ad ottenere risultati straordinari. La crescita musicale del gruppo – e conseguentemente anche la mia- ha rappresentato motivo di orgoglio e soddisfazione. In fondo questa è l’essenza del progetto ideato e fortemente voluto da Giovanni Maselli, non tanto un semplice accostare musicisti professionisti e non – per quanto questa definizione possa essere garanzia di qualcosa – ma costituire un gruppo fondato su un rapporto di fiducia reciproca, di stima e di amicizia che possa poi estendersi al di fuori della sala prove, perchè la musica forse non può concretamente cambiare il corso degli eventi ma può cambiare le persone e queste possono poi agire in modo da cambiare il proprio vissuto quotidiano, quello che circonda ognuno di noi.

Quale significato date all’idea di Musica Colta?

Giordano Passini, chitarre seconde – Penso con il termine musica colta si voglia definire un’area musicale retta da strutture precise, definite e “scritte”, questo a contrapposizione della maggior semplicità costruttiva e dell’oralitá che invece contraddistingue la musica popolare. Spesso queste due realtà possono dialogare ed avvicinarsi l’una all’altra. La musica colta ha spesso attinto dalla musica popolare ma, per rimanere tale, deve sempre mantenere un certo rigore di struttura e forma. Rigore che è necessario non solo da parte di chi questa musica la crea o la fa, ma anche da parte di chi ne usufruisce. Un altro elemento quindi penso sia il piano in cui la musica colta opera, sicuramente non immediato come la musica popolare, ma che richiede appunto un livello di consapevolezza maggiore da parte di tutti coloro si trovino ad interfacciarsi con essa.

Gianni Landroni – E’ difficile racchiudere in una sola definizione la “Musica Colta”. Penso che il maestro che più si è avvicinato a quella che per me è la concezione più completa di musica colta sia stato il grande Bernstein, il quale affermava che la musica colta è la musica “esatta”, scritta così come deve essere eseguita. D’altro canto, oltre alla musica classica, che sicuramente risponde a questi requisiti, a mio avviso anche altre forme di musica possono essere considerate colte. Basti pensare al Jazz, che prevede però una partecipazione più attiva da parte dell’esecutore, il quale ha la possibilità attraverso l’improvvisazione, di esprimere la propria visione del brano. Io credo che questo tipo di approccio sia invece assolutamente inadeguato nell’interpretazione della musica Classica-Colta. Questo tipo di musica va eseguita rispettando il più possibile l’intenzione del compositore e il contesto storico-stilistico. Non amo le rivisitazioni delle opere classiche in stile moderno, infatti quando da chitarrista mi trovo ad eseguire musica es.di Bach o di altri suoi contemporanei con il mio strumento, sono consapevole di commettere un’inesattezza filologica.

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