Schubert – Improvvisi D.899

Schubert era spesso il centro d’attrazione di piccoli eventi mondani, che si svolgevano il più delle volte attorno ad un pianoforte. In questo contesto  la sua impronta fu tale da diventarne il riferimento assoluto. Ancora oggi si “celebrano” le schubertiadi proprio per ricordare e rievocare quell’atmosfera di cultura, libertà e musicalità che solitamente ruotava attorno ad un pianoforte. Anche gli Improvvisi facevano parte di questi momenti musicali, ma questo non ci deve tuttavia far credere che si tratti di pezzi poco impegnativi o di esclusivo consumo. Composti negli ultimi mesi del 1827, gli Improvvisi D.899 si inseriscono in una preesistente tradizione austro-germanica di pezzi pianistici di libera ispirazione. Anche Weber compose improvvisi, ovvero “Momenti Capricciosi”, per non parlare poi di autori meno noti quali Worzischek e Tomaschek. Furono tuttavia Schubert o i suoi editori a usare per la prima volta il termine “Improvviso”. Gli Improvvisi D.899 sono 4 e si distinguono per bellezza e originalità.
Impromptu N.1 D.899
Il primo, introdotto da un fortissimo, sviluppa un’idea cantabile in pianissimo, saltellante e ingenua, che oscilla continuamente tra il modo maggiore e il modo minore, alternando brevi zone forti con lunghi momenti sottovoce. Questa prima idea, così incisiva nella configurazione ritmica, subisce una rapida trasformazione quando la mano sinistra passa dal più energico ritmo puntato, con cui ha rafforzato la melodia affidata quasi sempre alla mano destra, a un fluente e ininterrotto ritmo di terzine, su cui l’idea originaria si distende quietamente. Seguendo uno schema molto affine a quello del tema e variazioni, lo spunto iniziale passa in un primo tempo al grave, mentre la mano destra ripete ossessivamente gli stessi suoni, poi, con un collegamento interessante sia dal punto di vista melodico sia da quello armonico, ritorna alla mano destra, arricchito da arpeggi leggeri. Una modulazione ci apre un mondo trasfigurato e il ricordo dei più cupi momenti passati, richiamato dal ritorno del motivo iniziale, non turba questa zona di serenità che, pur nell’ambiguità tra il modo maggiore e il modo minore, conclude soavemente il pezzo, traendo proprio da queste continue elusioni il proprio fascino.

Impromptu N.2 D.899
Il secondo improvviso si sviluppa alternando due zone diversissime sia nella forma che nel carattere. La prima idea è fluente e leggera, come una cascatella, in cui i suoni si snocciolano ininterrotti; una melodia purissima, accompagnata da poche note, affidate alla mano sinistra, che creano armonie semplici e rarefatte. La seconda parte appare repentinamente, aggressiva ed energica, con un andamento “all’ungherese”. Le due parti si alternano nuovamente, creando nella giustapposizione di due idee musicali tanto diverse un effetto stupefacente. Ciò che colpisce in un autore come Schubert è la capacità di inventare analogie, associazioni, abbinamenti senza mostrarci il cammino che da un pensiero porta all’altro, senza deduzioni nè passaggi di collegamento. La magia di questo improvviso nasce proprio dall’avvicinamento di due luoghi così distanti. Riascoltare la prima sezione, dopo il repentino cambiamento di scena operato dall’irruento “ungherese”, genera sensazioni completamente rinnovate e così pure al riapparire della seconda idea, in un’elegante suggestione di dèjà vu.

Impromptu N.3 D.899
Niente interrompe la staticità del terzo improvviso, in cui un’armonia scarna sostiene il divagare continuo e incessante della mano destra, che, con brevi arpeggi, colma la melodia grave e lenta. In questa composizione, tutto il lirismo di Schubert si effonde in un’atmosfera quasi mistica, in cui rare zone di forte intensità illuminano la narrazione assorta che procede a intervalli minuti, spesso cromatici. Questa suggestione permane ininterrottamente sino alla conclusione, con straordinarie aperture create da inaspettate modulazioni, in seguito così care ai compositori romantici.

Impromptu N.4 D.899
L’ultimo degli Improvvisi D.899 ricorda il secondo per la struttura melodica discendente di cui sembra essere una variazione. Il medesimo fluire è qui interrotto da accordi sospesi, che soggiogano l’attenzione dell’ascoltatore, ogni volta ricatturato dalla ripetizione dell’inciso fondamentale. Al centro di questo improvviso si trova un episodio diversissimo, in cui la melodia semplice e piuttosto scarna è sostenuta da una ricca armonia. Nuovamente ritorna il primo motivo che conclude energicamente dopo un crescendo continuo.

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