Platone e la Concezione musicale

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La distinzione tra “Musica Reale”e “Musica Ideale”

Nei suoi “Dialoghi”, Platone, riserva una parte importante alla Musica, e l’idea del valore etico, già presente in Pitagora diventa fondamentale. Nel pensiero di Platone la Musica aveva però due aspetti differenti e lontani tra loro. Il primo era quello “reale” per cui la Musica si produceva e si fruiva con altrettanti mezzi “reali”. Il secondo, per Platone infinitamente superiore, era quello “ideale”. Questa concezione, e l’influenza che il pensiero platonico ebbe sulla cultura ellenica, è probabilmente la ragione per cui della Musica Greca abbiamo molti trattati teorici, molti accostamenti filosofici,  ma pochi documenti delle pratiche e delle tecniche adottate. Nella Republica Platone condanna la pratica musicale in quanto foriera di “distrazioni”, assimilabile a spettacoli o fiere o a riti dionisiaci. Nel tanto sospirato Stato Ideale la “sdolcinata Musa lirica” deve essere bandita per evitare il regno del piacere e del dolore e per mantenere il regno della Legge. Quand’anche Platone accetta la pratica musicale, lo fa con riserva, invitando all’utilizzo di armonie non dannose, ovvero tali da non indurre comportamenti incontrollati.

Se la Musica diventa oggetto della Ragione e non dei Sensi allora diventa una Forma Altissima di Sapienza e si avvicina alla Filosofia.

L’Avversione di Platone è verso l’innovazione musicale, tipica di un intero movimento di rinnovamento, che coinvolge anche il teatro di Euripide. Quella non era la Musica Divina, quella dell’Armonia Cosmica. D’altro canto sarebbe stato un controsenso accettare il cambiamento per un concetto di Musica divino ed eterno e quindi immutabile.

La Musica, per Platone, doveva mantenere il suo valore di Legge ovvero nomos, doveva educare.

In sintesi, Platone, riprendendo le idee già espresse da Pitagora e da Damone, afferma che, benchè il musicista possa essere corruttore dei giovani, egli stesso può essere educatore.

I giovani “divenuti più euritmici e armoniosi siano valenti nel parlare e nell’agire che l’intera vita umana ha bisogno di ritmo e di armonia” (Protagora).

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