Beethoven – La Nona Sinfonia

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Sinfonia n.9 in Re minore op.125 – La Nona non rispetta la tipica struttura della sinfonia classica; Beethoven inserisce per la prima volta in una Sinfonia lo Scherzo prima del movimento lento. Può capitare che se il primo movimento di una Sinfonia o di una Sonata e il successivo tempo lento raggiungano proporzioni e impegno eccessivi, lo Scherzo possa prendere il posto del secondo movimento, dando così maggior equilibrio all’opera. Anche in lavori precedenti Beethoven aveva operato la stessa scelta stilistica: Archduke piano trio Op. 97, Hammerklavier piano sonata Op.106.

La sinfonia è divisa in quattro movimenti così definiti:

  • Allegro ma non troppo, un poco maestoso
  • Scherzo
  • Adagio molto e cantabile
  • Finale – Presto

 

Primo Movimento – Allegro ma non troppo, un poco maestoso
Inizia con un’introduzione misteriosa e cupa su cui il tema si staglia all’improvviso, come un grido lancinante. Nel clima angoscioso ecco apparire un’isola di serenità costituita dal motivo eseguito dai fiati, non ancora il secondo tema, ma ugualmente un momento di grande importanza perché cambia radicalmente la condizione emotiva e introduce in un luogo appartato dove riposare le stanche membra provate dal travaglio appena trascorso; i legni sono i portatori di questa pausa di serenità sulla cui chiusa si innesta il vero e proprio secondo tema eseguito dagli stessi strumenti. E’ questo una semplice melodia ascendente caratterizzata dall’accento sull’ultima parte della misura che imprime all’inciso un che di energico, quasi una spinta a proseguire. Ogni tema infatti, in un panorama che continua ad ampliarsi, spalanca dinanzi all’ascoltatore nuovi mondi insperati ed inimmaginabili. Ecco giungere il terzo ed ultimo tema: una melodia affidata ancora ai fiati, che ha generato e genera tuttora diatribe tra i musicologi che considerano questo episodio chi un ulteriore sviluppo del secondo tema, chi un vero e proprio nucleo tematico a sè stante. Lo sviluppo, come già era accaduto nell’Appassionata, attacca subito senza il ritornello dell’esposizione, secondo una concezione stilistica che nasce da due diverse ragioni: la mole ingente dell’esposizione e il desiderio di creare un senso di incertezza che sfocia idealmente nello sviluppo. Ci ritroviamo così nel clima doloroso e cupo dell’introduzione per giungere poco alla volta a un crescendo che grida la sua disperazione con un accordo dissonante. La ripetizione di questa parte si differenzia solo per il diverso uso degli strumenti; subito dopo ha inizio la terza parte: la fuga. La Fuga consiste dell’esposizione di un tema e dalla sua rielaborazione contrappuntistica operata dalle diverse voci che concorrono a comporre un articolato gioco di incastri e corrispondenze, eseguendo ora il soggetto, ora il contro-soggetto unitamente alle altre parti armoniche. Dopo lo sviluppo, giungiamo alla ripresa, seguita dalla coda, in cui i diversi temi si ripresentano senza rispettare l’ordine d’entrata stabilito dall’esposizione.

Secondo Movimento – Scherzo
Il secondo movimento è il “Molto vivace”, quello che normalmente viene definito Scherzo e che di solito si trova al terzo posto dopo il momento cantabile e di ripensamento costituito dall’Andante. Beethoven probabilmente collocò lo Scherzo a questo punto perché la notevole durata del primo movimento richiedeva un periodo di distensione prima dell’altro grande episodio di riflessione e travaglio interiore, l’Andante. Questo scherzo è il più lungo tra quelli composti da Beethoven, svolto secondo lo schema della forma sonata e caratterizzato da un ritmo vertiginoso, in cui l’alternanza di suono e pausa gioca un ruolo di primaria importanza nella creazione del pathos.

Terzo Movimento – Adagio Molto Cantabile
Dopo l’esuberanza dello Scherzo ci troviamo di fronte all'”Adagio molto e cantabile”, un movimento di “calma e trascendente beatitudine di vita spirituale”. Una preghiera dolce e consolatoria si leva in un’atmosfera calma ed estatica, che lascia poi spazio all’Andante moderato, più passionale e ricco di un sentimento di profonda solidarietà e di compianto. Seguono due variazioni sull’Adagio; la prima è affidata ai violini preceduta da un ritorno dell’Andante. Ai violini, che si muovono in eleganti arabeschi, rispondono prima i legni e, nella fase conclusiva, i corni, sorretti dai timpani in una figurazione tanto vivace quanto ardita.

Quarto Movimento – Finale – Presto
Il finale si annuncia con un “Presto fortissimo” a cui non partecipano gli archi. L’alternanza drammatica tra fiati e timpani da una parte e i recitativi di violoncelli e contrabbassi dall’altra richiama l’immagine che Beethoven scrisse a margine degli abbozzi: “No, non questo; ci ricorda la nostra disperata condizione”. Seguono di volta in volta le ripresentazioni degli spunti tematici che hanno dato vita ai precedenti movimenti della sinfonia, inframmezzati dai recitativi che appaiono come dei tentativi, ogni volta abbondanti, di esprimere compiutamente il messaggio beethoveniano. Fa finalmente  il suo ingresso il tema della gioia: sommesso, eppure grandioso nella sua semplicità, appare come un miracolo di perfezione raggiunto dopo un cammino lungo e faticoso. La melodia è progressivamente arricchita con le tre variazioni strumentali che vengono interrotte dal Presto iniziale, ancora più drammatico e brutale nel suo brusco ricomparire. Questa volta il recitativo è affidato alla voce umana e il baritono leva il suo invito a unire le altre voci alla sua nel canto di gioia. Il testo, come è noto, è dello stesso Beethoven e dice: “Amici, non questi suoni! Ma lasciateci intonare dei canti più graditi e gioiosi”. Le voci rispondono all’invito e si alza il mirabile canto sull’ode schilleriana, della quale Beethoven musicò solo alcune parti ridistribuite secondo un nuovo ordine. L’inno procede con altre variazioni, di cui la settima è sicuramente la più interessante: qui, con l’introduzione della grancassa, piatti e triangolo, esso si trasforma in una marcia militare dove alle parole eroiche di Schiller corrisponde la vivida rievocazione di immagini guerresche. Da questo ennesimo duello risorge l’invocazione, ormai pervasa da un entusiasmo irrefrenabile. Un ultimo momento lirico e contemplativo ci viene offerto dal quartetto vocale che si fonde infine con il tripudio generale con cui si chiude l’opera.

 

Sulla Nona – La concezione filosofica di una Sinfonia

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